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Sono passati 4 anni dal primo BarCamp sul coworking, organizzato da Cowo il 17 aprile 2010.

Non eravamo tanto sicuri di noi, quindi lanciammo il tema “Di Cosa Parliamo Quando Parliamo di Coworking”.

Io portai le slides qui sotto.

Tutte le altre presentazioni di quella bellissima giornata le trovate qui, mentre  qui c’è la pagina di BarCamp.org con i relatori e il programma.

La partecipazione, nonostante fosse la prima volta, fu buona: vennero da tutto il nord Italia, e si presentarono anche The Hub Milano e La Pillola400 di Bologna.

Ci fu perfino uno sponsor: Lago.

2011

L’anno dopo, 2011, ci sembrava di essere già avanti, al punto da chiederci “A Che Punto è il Coworking”.

Qui sotto la mia presentazione, qui tutte le presentazioni del CowoCamp 2011, invece qui la pagina su BarCamp.org.

Fu il primo CowoCamp nella nostra sede di Via Ventura, a Milano: riempimmo il Cowo, per l’occasione riadattato a spazio eventi, e Bonduelle ci offrì le insalate per il pranzo :-)

2012

Arrivati al 2012, avevamo voglia di capire gli aspetti economici, quindi ci focalizzammo su “Il Coworking Visto dal Portafogli”.

Nelle mie slides di apertura, che ripubblico qui, compare per la prima volta il “giro d’affari” creato da Cowo con la sua rete:  quasi 400mila euro!

Oggi – grazie alla crescita ulteriore del network – sono diventati oltre 500.000. It’s the Cowo Economy, baby ;-)

Alcune presentazioni del CowoCamp 2012 sono pubblicate a questo link, mentre qui c’è la pagina relativa su BarCamp.org.

Degna di nota la comparsa di un’istituzione a un nostro Camp: Il Comune di Milano venne a raccontare cos’aveva in mente.

Stuporone!

2013

Ed arriviamo al CowoCamp di pochi giorni fa.

Il ricordo di quell’auditorium stipato (90 persone sedute + gente in piedi) e delle 22 presentazioni una dopo l’altra è ancora vivido.

Come tema, ci siamo chiesti: “Ma il Coworking Crea Valore?”

Mi piace pensare che il valore di Cowo lo andiamo costruendo anno dopo anno, tutti insieme.

Siamo o non siamo una rete?

Le presentazioni del CowoCamp 2013 sono qui, la pagina BarCamp è qui.

SlideShare

Infine, se non ne avete ancora abbastanza, sul canale SlideShare di Cowo trovate 54 presentazioni sul coworking, in italiano e altre lingue :-)

Enjoy!

Se fossi chiamato a dire la mia su come far diventare Milano la capitale delle Start Up (e lo sono, pare), ecco cosa direi (e lo dico).

Il mio ragionamento verte su tre assi:

Sostenibilità + Luoghi fisici + Dinamiche di network

Vado sui tre punti.
Sostenibilità: informativa ed economica

– Sostenibilità delle informazioni

Chi inizia un’attività è atterrito dal mondo burocratico e dall’incertezza/poca trasparenza riguardo a “cosa mi aspetta”.
Evidente come tale aspetto sia anche un forte deterrente ad iniziarla, la start up.
Inoltre, energie preziose vengono spesso male impiegate nella ricerca delle informazioni/procedure.
 
Ergo, informazione e supporto appaiono fattori chiave.
Risultato desiderato: 
Chi avvia una start-up deve sapere dove andare per avere tutte le informazioni che gli servono, nonché assistenza vera sui processi. 
Tutto questo sarebbe bene si svolgesse online, ma ritengo non si possa prescindere da uno sportello “fisico” realmente efficace, e per efficace intendo:
  1. in grado di gestire affluenze massicce (no code)
  2. in grado di comprendere le esigenze ed essere smart – non farmi tornare per una marca da bollo, non chiedermi una fotocopia in più se la puoi fare tu
  3. aperto in orari utili per chi già lavora (se devo lanciare una startup è probabilissimo che lavori anche da un’altra parte, e comunque non ho di sicuro né tempo né segretarie da mandare in giro dalle 9 alle 17)
  4. interconnesso, cioè pronto a comunicare e interagire anche online, via mail e social network
     
– Sostenibilità delle condizioni economiche
Non so quanto sia in nostro reale potere pensare di intervenire, ma il dover iniziare a versare balzelli (vedi Inps) ancora prima della prima fattura è – da solo – un fattore che rischia di vanificare qualsiasi sforzo, compreso il nostro.
Chi fa nascere un’impresa deve godere di un intervallo tra il presente e il momento in cui gli si inizia a succhiare il sangue (sangue = risorse finanziarie, tempo, energia). Perdonate il linguaggio colorito, ma è così.
Occorre lasciare che le startup tentino di prendere il volo, senza zavorre economiche in forma di balzelli improbabili.
In questo senso, propongo di trovare forme di agevolazione fiscale significative e comprensibili (attenzione: la chiarezza di informazione è cruciale, inutile proporre cose che capiscono solo i commercialisti – questo anche in chiave di marketing, tutto va comunicato in modo strachiaro, con possibilità di interazione sempre a tutti i livelli, non dimentichiamo che ogni atto è comunicazione, anche in negativo. In questo senso, Milano potrebbe lanciare una campagna di marketing incentrata sul favore fiscale delle aziende che nascono qui).
Tornando al tema: Imu? Tarsu? Altre idee per esenzioni e agevolazioni?
So di entrare in un ginepraio, ma secondo me il problema vero è uscire dal ginepraio in cui ci troviamo, essendo il ginepraio un luogo dove possono nascere molte cose, ma non certo nuove imprese.
Risultato desiderato:
Chiunque in Italia deve sapere che far partire una nuova impresa a Milano è fiscalmente vantaggioso. Per motivi chiari, facilmente comprensibili e comunicabili.
La convenienza deve risultare sia oggettiva (economica) sua in termini di comunicazione (Milano = luogo che capisce la nuova impresa).
 Luoghi fisici: privati e pubblici 

– Luoghi fisici privati

Durante il lavoro svolto da Cowo in questi anni (facciamo nascere situazioni di coworking in uffici privati esistenti, siamo attualmente a 59 in tutta italia), ho potuto osservare come il tessuto della società sia ricchissimo di fattori propositivi, tra questi la disponibilità molto diffusa a “contaminare” il proprio luogo di lavoro con altre professionalità.
Per questo mi sento di affermare che i luoghi fisici da ricercare/favorire non sono necessariamente di nuova istituzione, anzi: il luogo fisico “esistente” ha gli enormi vantaggi di:
  1. essere a costo zero (esiste già, c’è già chi ne sopporta i costi)
  2. far trovare agli interessati una rete umana e professionale di collegamento da parte dei titolari dello spazio
 In sostanza, i coworking sono già pronti, laddove ci sono persone disponibili e spazi.
Garantisco che ci sono entrambi (se li troviamo noi lavorando online mentre svolgiamo i nostri dayjob, è fuori di dubbio che un’istituzione ricca di mezzi possa fare altrettanto…), non servono gli investimenti, basta un po’ di coraggio e di voglia di sperimentare.
In altre parole, propongo di attivare meccanismi volti a:
  1. individuare spazi privati presidiati (cioè sedi di attività operative) disponibili ad “ospitare” startup
  2. studiare e attivare meccanismi di matching tra aspiranti startup e società esistenti, in modo da poter “assegnare” a società/uffici disponibili startup in fase iniziale
  3. mettere a punto una griglia valutativa per identificare, da una parte e dall’altra, chi è adeguato a entrare nel programma
Penso che questo approccio avrebbe anche l’effetto collaterale positivo, verso le società “ospitanti”, di “risvegliare” situazioni professionali un po’ arenate e chiuse in se stesse.
Risultato desiderato:
Deve essere chiaro a chi vuol far partire una startup che è possibile trovare una sistemazione logistica presso un’altra società – a condizioni sostenibili e orientata alla collaborazione – con modalità semplici e tempi brevi.
– Luoghi fisici pubblici, delle istituzioni
Da tempo sostengo che situazioni di luoghi per la condivisione professionale in chiave collaborativa sono assolutamente alla portata del pubblico, a patto che il pubblico sia pronto a entrare in una situazione sperimentale, dove gli oneri non sono economici, ma legati a:
  1. dedicare spazi esistenti non utilizzati
  2. incaricare una persona di essere gestore/main networker dello spazio (questa persona può essere un lavoratore temporaneo, che può dedicarsi, durante il giorno, anche ad altra attività, di studio o lavoro online)
  3. coinvolgersi in un approccio aperto a dinamiche in evoluzione, che richiedono presenza e capacità adattative
Come sempre, nel caso degli spazi professionali condivisi in chiave collaborativa, quello che serve veramente non è hardware (tavoli, sedie, muri), ma software (persone, relazioni, networking, eventi). 
Per questo il fattore chiave non è trovare gli stanziamenti economici per ristrutturare/mettere a norma vecchie fabbriche, maimpegnarsi, con persone che frequentano gli spazi, a far nascere vere comunità di professionisti motivati a condividere e far nascere idee e progetti.
Risultato desiderato:
Agli startupper deve essere noto che a Milano vi sono realtà preposte a rendergli la vita più facile, a partire dal luogo dove lavorare.
Dinamiche di network: per gli startupper e per la città

– Networking per startupper

Negli spazi di coworking, il networking a due livelli (online e fisico) si attiva in automatico: perché i Cowo si individuano online (dove si scambiano informazioni e richieste), perché una volta nel posto incontri le persone, perché tra spazi di coworking ci sono rapporti di conoscenza che incoraggiano incontri e scambi.
Detto questo, le dinamiche di networking, che poggiano su meccanismi di comunicazione (social network, reti fisiche), devono essere trasversali a tutto ciò che verrà deciso di fare, per vari motivi:
– il networking è la linfa vitale di una community, e – se vogliamo avere un approccio sistematico – le startup devono essere una community, il cui fulcro è la città di Milano
– il networking poggia su meccanismi di comunicazione, il che significa che ogni informazione scambiata tra due soggetti del mondo start-up viene potenzialmente condivisa dalla startup community allargata (= marketing continuo per Milano capitale startup)
– il networking è anche marketing, come tutti sappiamo, e solo un deciso approccio di condivisione informazioni/ascolto/dialogo online e offline può diffondere il concetto di “Milano startup city”, naturalmente sulla base di fatti reali e verificabili (e non di concetti astratti)
– il networking, se è aperto e “vivo” è un fortissimo strumento di recruiting e coinvolgimento di soggetti nuovi, una vera e propria campagna di marketing sempre attiva, ovvio che occorre gestirlo con ascolto e partecipazione; in questo senso penso alla capacità della comunicazione online di costruire una online reputation premiante, anche verso investitori stranieri
Nell’esecuzione di questa strategia, massima attenzione e cura va messa negli aspetti formali, in quanto, come in tutte le cose, il linguaggio è un metalivello: come parlo mi definisce.
Il networking è fatto di comunicazione, una comunicazione dai toni sbagliati (troppo ufficiale, o fintamente facile, o ingenua, o poco trasparente) mina alla base qualsiasi intento di networking.
Risultato desiderato:
“Io startupper sono cosciente che a Milano, non solo mi aiutano in vari modi a lanciare la mia impresa, ma trovo terreno fertile per la rete di contatti in cui vengo automaticamente inserito per il solo fatto di entrare nel circuito degli startupper a Milano”.
 

– Networking per la città

 
Le attività di networking, siano esse legate a comunicazione, eventi o contatti di altro tipo, devono essere sapientemente seguite (non necessariamente “dirette”, ma seguite con attenzione), per poter far sì che ogni scambio sia produttivo e funzionale alla costruzione di un posizionamento forte e credibile di Milano StartUp Capital.
Risultato desiderato:
Milano = Startup capital, per tutti i soggetti dello scenario: startupper, stakeholder, investitori italiani ed esteri.

Fare rete è una di quelle cose che possono voler dire tutto.

Ieri, per me, ha assunto un significato preciso, netto.

Grazie a tutte le persone che, in modo informale, attraverso una semplice email, mi hanno raccontato le loro visioni personali del progetto Cowo, in cui siamo coinvolti insieme, e hanno permesso la creazione della presentazione per questo evento.

Ma più che le loro (bellissime) parole, a me piaccciono le loro facce. Anzi, a pensarci bene, mi piacciono loro :-)

L’ho letto, l’ho riletto, poi l’ho regalato. L’ho consigliato, l’ho fatto leggere. Ne ho comprati ancora, che ho dato ai miei collaboratori. Un giorno che avevo un dubbio, ho comprato al volo la versione ebook, e poi ho messo in giro anche quello.

Ho portato con me questo libretto per quasi tutto l’anno (era il 1° marzo quando lo misi sul comodino), e ancora adesso è qui accanto al mio computer, sulla cui scrivania è peraltro ben piazzata anche la copia digitale, in pdf.

Per me, il bello del lavoro online ha molto a che fare con l’estendere la rete.

Con questo intendo dire che sono particolarmente attratto dai modi, lavori, opportunità di portare rete dove non c’è.

“Portare rete” significa anche usare strumenti nuovi, strumenti in grado di modificare i modi in ci ci si relaziona l’uno con l’altro, e Twitter – come sa bene chiunque si sia mai avvicinato a questo social network – è così diverso da risultare addirittura spiazzante.

In tutto questo, un libro come quello di Federica Dardi,  aka @elisondo è un bell’aiuto: insegna, spiega, avvicina, aiuta, accompagna, suggerisce, risponde, stimola, diverte.

Personalmente, è l’approccio che preferisco, quello più utile a chi con queste cose ci lavora (come il sottoscritto) ma anche più corretto verso chi queste cose le vorrebbe mettere nella giusta prospettiva: quelle di strumenti utili a farci qualcosa…

Insomma, alla domanda tipica di chi non riesce a “entrare” nello spirito di Twitter, ora c’è una risposta: un libretto blu edito da Apogeo e scritto da una blogger che ama i libri e ne studia presente e futuro.

Dimenticavo… la mia solita frase che riassume il libro:

Prima di giudicare frettolosamente un modo di comunicare che avvicina  qualcosa come 460.000 persone al giorno tutti i giorni, concedetevi il lusso di capirlo in un modo che non richiede nessuna fatica: un libro scritto bene.

Una conversazione tra continenti, sul blog Cowo.

Un gruppo di Italiani, per una volta forse non più indietro dei nordeuropei o degli americani o degli asiatici.

Un workshop dove il sottoscritto racconterà cosa succede dentro quel marchio rosso.

Un gruppo di gente da tutto il mondo che non si è mai vista e condivide visceralmente uno stile di lavoro che è anche di vita.

Una voglia di costruire pazzesca, fortissima, la cui energia a volte mi spiazza.

Ma anche qualcosa di vicino, di umile, di caldo. Come un caffè offerto con silenziosa solidarietà, appunto, tra coworker.

E adesso, a Berlino.

Grazie a SimpleSpot, ce l’abbiamo fatta. Cosa? Ad avverare un mio sogno per Cowo.

Da ieri sera a stamattina, già due coworking ne hanno fatto richiesta (Bravi Cowo Firenze/Mattonaia e Cowo Omegna/Gravellona Toce!), con Cowo Milano/Lambrate siamo già in tre.

Non mi aspetto che tutti i 58 spazi di coworking aderiscano, come so bene che coloro che viaggiano da un Cowo all’altro sono ancora pochissimi.

Ma noi iniziamo, iniziamo sempre. Non sappiamo dove arriviamo, ma di sicuro non rimarremo a casa ;-)

Questa domenica la gita fuori porta prevede una mezz’ora davanti a un microfono, dove sono stato gentilmente invitato a parlare di coworking e sostenibilità.

Mentre ringrazio Alberto Mariani che mi ha coinvolto tra i relatori di veRdiamoci a Sovico, domenica 22/5 alle 17, rifletto sul fatto che Cowo dà il meglio di sè quando va oltre l’affitto della scrivania, per proporre qualcosa, qualunque altra cosa che aggiunga valore al progetto (Alberto è infatti cowomanager del Cowo Sovico/Monza).

In altre parole: il coworking come piattaforma, che ognuno interpreta e utilizza.

Ho sempre pensato che dovesse funzionare così, ma il vederlo succedere nella realtà, sempre di più (Open Cowo a Roma, programma elettorale a Pordenone, piattaforma di progetti a Udine, cowocamp…), è un vero piacere.

Confartigianato Udine mi ha invitato a parlare, sabato mattina, nell’ambito della Salone per l’orientamento allo studio e alle professioni “YOUng”.

Ora, a parte il fatto che scrittura e artigianato sono per me concetti molto vicini, quello che mi ha incuriosito (e impegnato) nel preparare la relazione è stata quel senso di impotenza rispetto alla platea.

Si tratterà infatti di giovani, prevalentemente in età di scuola superiore, ai quali dovrei parlare di social media per l’azienda artigianale.

Spero che le mie slides non li lasci indifferenti e critici, come sono spesso – giustamente – i nostri teen-ager davanti a consulenti, sedicenti esperti e grilli parlanti vari.

Insomma, se sono onesto devo ammettere che tra un amministratore delegato e un sedicenne, quello che temo (e forse rispetto) di più è il secondo. A sabato.

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Lunedì 14 febbraio, giorno di San Valentino, quale occasione migliore di mostrare il vostro amore per gli aperitivi?

Solito posto, soliti splendidi libri, solito aperitivo gratuito e senza impegno: Books Import, Via Maiocchi 11 Milano, dalle 18 in poi.

Ci vediamo lì?

(Per chi vuole, ci si può anche registrare su Facebook).

Pochi giorni fa il progetto di coworking a cui lavoro dal 2008 ha fatto una presentazione al primo congresso europeo sul tema, Coworking Europe 2010, svoltosi a Bruxelles il 18-19 novembre scorso.

Il titolo del nostro intervento è stato “The future of coworking” e ha presentato 7 ipotesi di sviluppo del fenomeno del coworking.

Una di queste ipotesi descrive il coworking come una possibile piattaforma per iniziative di marketing e digital pr (vedi slide 6 e 7 della presentazione qui sotto), e porta ad esempio la distribuzione del mio libro in tutti gli spazi Cowo, iniziativa che ha portato anche ad una serata di presentazione, al Cowo Udine/Ufficity.

Ora, l’ipotesi di lavoro è nella mia testa, il libro l’ho scritto io: non è stato difficile creare questa occasione di “coworking come piattaforma di marketing”.

Ciò che mi ha piacevolmente colto di sorpresa, invece, è stata la mail dell’altro ieri in cui mi si chiede se la rete Cowo è interessata a fare dei product test sui telefoni di una multinazionale importante.

Mentre rispondevo affermativamente, dentro di me pensavo…

Che il futuro del coworking sia già arrivato?

Nell’attesa di scoprire come andrà a finire, rivediamoci le slide presentate a Bruxelles… (se invece volete il video, lo trovate qui).
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“Il diritto a una vita relazionale piena e attiva”.

Se non sbaglio era questo il “grido di guerra” del vicesindaco di Venezia Michele Vianello, nei mesi in cui si batteva per dare alla città di Venezia il wifi gratuito.

La visione alla base di questo progetto, divenuto realtà nell’estate del 2009, è l’oggetto di questo libro.

Lo voglio leggere perché, come non mi stanco di ripetere, tifo per l’Italia e per le eccellenze che è in grado di esprimere. Troppo spesso cerchiamo esempi da seguire oltreoceano, e ci dimentichiamo dei maestri che vivono e lavorano nei nostri confini.

Sono felice di annunciare che parte delle mio tempo professionale d’ora in poi sarà dedicato ad Hagakure, l’agenzia di internet PR con cui ho già collaborato nei mesi passati.

Ammiro e stimo l’agenzia dei samurai fin dal primo giorno, e l’ho seguita costantemente, trovando anche piacevoli occasioni di contatto con i suoi partner.

Da quando ho capito che la comunicazione entrava in una fortissima fase evolutiva (al punto da cambiare identità alla mia agenzia, che è diventata l’agenzia delle scimmie, animale evolutivo per eccellenza), l’accelerazione è stata increbibile, frenetica e inarrestabile. Quasi insostenibile per un copy cresciuto con Pirella negli anni 80.

Grazie quindi ai partner di Hagakure Chiara, Marco e Matteo, per aver chiesto a questa scimmia di saltare ancora più in alto.

Facebook a pagamento, Twitter a pagamento, YouTube a pagamento… non credo succederà mai.

Invece, per chi gestisce una community Ning, sta accadendo ora.

Scade venerdì 20 agosto il termine per aderire a uno dei piani premium di questa ottima piattaforma, se non vuoi vedere scomparire la tua community.

Una scelta che ti mette davanti ad alcuni interessanti interrogativi.

  1. Quanto “vale” la tua community, ovvero: quanto sei disposto a spendere per mantenerla attiva?
  2. Come cambia il tuo atteggiamento verso la piattaforma, dal momento che ora metti mano al portafogli?
  3. Quale può essere il ritorno di questo piccolo investimento? E soprattutto: qual è l’unità di misura giusta per questo calcolo?

Mentre NomadWork – la community a tema coworking che gestisco dal 1° aprile 2009 – dà il benvenuto al membro n. 199 (Sarah da Brisbane, Australia), provo a formulare le mie rispostine.

  1. Domanda molto difficile, a cui non si può che rispondere in modo arbitrario. Intendo dire: la risposta dipende da fattori che vanno oltre una community di 200 persone, evidentemente ancora troppo piccola e sperimentale (o magari sufficientemente grande, ma non ancora integrata come potrebbe). Il valore della community in sé è altissimo se preso nel suo potenziale (è una delle più importanti su questo tema, e credo l’unica in Italia), ma limitato se valutato al suo livello di attività attuale. Quindi: i 19,95 $ al mese rappresentano un investimento da valorizzare… (vedi risposta n. 2).
  2. Cambia, non lo posso negare. Gli strumenti online sono tali e tanti che è sempre difficile organizzare una valida presenza web. L’aut-aut di Ning ha attratto la mia attenzione, premessa fondamentale per un maggior investimento di attenzione ed energia.
  3. Il ROI, il benedetto ROI. Qui devo fare una premessa: NomadWork fa riferimento a Cowo, un’attività che non mette il profitto al primo posto, bensì le relazioni. Detto questo, l’attenzione al lato economico è sempre presente, e anche questa voce di costo deve sottostare alla legge Cowo n. 1: la sostenibilità. Sostenibilità per chi affitta una scrivania, sostenibilità per noi che gestiamo il progetto. L’unità di misura per il calcolo di questo ROI? Non v’è dubbio: il valore delle relazioni che si creano (e ognuno dei membri sa qual è).

Concludo con qualche dato su NomadWork, aggiornato alla fatidica data del passaggio a premium: 199 membri da 18 paesi del mondo, 23 video, 310 foto.

E un bel paio di elenchi in home page, dedicati a chi lavora in coworking e a chi, invece, vorrebbe farlo ma è in attesa che apra uno spazio vicino.

(A proposito, non si può leggere Oh my marketing senza essere su NomadWork – vi aspetto qui tutti! Per gli utenti rimane gratis, naturalmente).

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La piattaforma per la creazione di social network Ning ospita diverse comunità dedicate al coworking, tra cui NomadWork, la community internazionale creata da noi di Cowo.

Si tratta di una delle più importanti, e questa è la prima ragione che mi spinge ad aderire alla “proposta obbligatoria” di Ning di passare a una delle opzioni premium (cioè a pagamento), a partire dal 20 agosto. Questo comporterà alcuni nuovi servizi – tra cui nuove possibilità di comunicazione sia pubblicitaria che virale, accesso a un centinaio di nuove applicazioni, design e indirizzo internet personalizzati – che mi auguro la renderanno ancora più interessante.

L’altra ragione è che Ning è stata fondata da una persona dal talento leggendario, quel Marc Andreessen che quotò in borsa il proprio motore di ricerca a 24 anni. Un progettino che si chiamava Netscape, da cui è nato un altro progettucolo chiamato Internet Explorer, sviluppato da un’aziendina chiamata Microsoft

[Attenzione: aderire a NomadWork è e rimane gratuito. Il costo dell’opzione premium è a carico di noi amministratori].
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Se hai un blog su WordPress.com ora puoi avere anche un “Twitterbottone”. Nice! :-)

New Twitter “Tweet Button” For those of you who have been dreaming of an easier way for your readers to share your posts on Twitter, that day has come. We’re pleased to announce that we’ve added an official Tweet Button as an option for all WordPress.com blogs. How it works: When one of your readers hits the Tweet Button, they will be shown a popup that includes a shortened link to your post. Readers can add in a quick message, and then hit “Tweet” to send the post to thei … Read More

via WordPress.com News
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Guardate che meraviglia il lavoro di Alessandro Gottardo, in arte Shout.

Questo giovane artista italiano già apprezzato a livelli internazionali sarà al Read and Drink del 27 maggio, per presentare il suo nuovo libro e… Read and Drink with us ;-)

(E se non sapete cos’è il Read and Drink è ora di scoprirlo…)
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Grazie all’incarico professionale di cui ho parlato già qui e in vista dei prossimi social innovation camp a Milano il 6/5 e a Roma l’11/5, mi sto confrontando con una domanda molto particolare:

Cos’è l’innovazione sociale? Si mangia?

Dopo tante riunioni e parecchi ragionamenti, ho pensato di fornire qui, sul mio blog, una mia personale risposta.

Innovazione sociale è quello che vorresti trovare nella società domattina. Sul posto di lavoro, tra gli abitanti del tuo quartiere, dentro la tua agenda. Una cosa migliore, anche piccola.

In questo senso, credo possiamo essere tutti innovatori sociali, per quanto dipende da noi.

Altro discorso sono i luoghi e le iniziative che ne fanno l’oggetto di un’attività strutturata, come The Hub o [disclaimer on] ideaTRE60, realtà che possono favorire il cambiamento in modo esponenziale.

La sensazione è che spesso si pensa a cosa la società dovrebbe fare per noi, e si tende a scordare che anche noi possiamo fare qualcosa (l’ha detto John Kennedy, ricordate?).

Nel mio piccolo, penso che far bene il proprio mestiere sia cosa portatrice sana di valore, ma chissà.

Per la presentazione del libro “Un etto di marketing” in programma domani a Parma (qui l’evento su Facebook) ho pensato a un tema che potesse anche essere un po’divertente, oltre che – mi auguro – stimolante.

“Come diventare un racconto” parlerà dei modi di trovare contenuti per pubblicare notizie, attraverso 100 spunti per scrivere un post (e da qui il sottotitolo ironico 100 post gratis).

Speriamo che piaccia!

Al Read and Drink ci si trova una volta al mese per bere qualcosa in mezzo a dei bei libri illustrati. Ogni tanto Lodovico decide di fare anche degli sconti sui suoi magnifici volumi d’importazione.

L’appuntamento si ripete venerdì questo (30 aprile) alla libreria Books Import di Milano, Via Maiocchi 11 angolo Stoppani, dalle 19 in poi.

Tutti invitati, perché Facebook è una cosa, ma… real faces and real books è meglio!
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Domani alle 10.00 aprirò i lavori del Coworking Camp con una diapositiva che dice così.

Penso sia il giusto approccio per un momento di riflessione su questo progetto, così interessante, così ricco di potenzialità.

E’ stato abbastanza faticoso organizzare il Coworking Camp, ma sono convinto che – ancora una volta – la rete delle persone interessate a Cowo saranno la miglior fonte di ispirazione. E’ così da quando il progetto è nato, nel gennaio 2009.

A domani quindi (e per chi non ci potrà essere, diretta video sul web a questo indirizzo: http://theatre.interlogica.it)!
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Dalla presentazione del libro “Un etto di marketing (E’ un etto e mezzo, lascio?)” tenuta al coworking Cowo di Udine il 26 marzo, le slides dell’intervento.

Inserisco anche il video dei primi nove minuti in cui si vedono gli effetti di un viaggio di 450 km sulle presentazioni del sottoscritto. (Grazie Cowo Udine per il video!)
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Mi piacciono quelli che si inventano le cose che mettono in relazione il web con la vita vera.

Questa delle Principesse alla riscossa è l’idea di Davide Nonino per far sentire alle redazioni dei giornali femminili la voce delle donne vere (che spesso hanno qualche curva in più delle solite anoressiche da copertina). L’eroina della situazione è Cenerontola, principessa XL, nata come protagonista del libro di Davide e divenuta poi paladina delle donne vere.

Forza Davide, forza principesse: c’è tempo fino al 30 aprile per far sentire la vostra voce!

Il copywriter che è in me ha cercato di divertirsi un pochino parlando di marketing dell’ascolto.

Ancora grazie ai pochi-ma-buoni che hanno partecipato alla discussione di ieri sera al Malacarne di Verona, rendendo speciale la serata con la loro energia e voglia di confrontarsi.

Modelli di business, business plan, revenue, profitti e cash flow: ecco di cosa parla questo libro di Amy Shuen.

E se questi argomenti sono riuscito a gustarli perfino io, che di certo non sono quello che mette il business in cima alla lista delle priorità, penso possa valere come una qualche sorta di “dummy-test”! ;-)

Ritengo possa essere illuminante guardare ai social network dal punto di vista di “come guadagnano”, e proprio a questo sono dedicate molti approfondimenti, su Flickr, Linkedin e Facebook.

Le cose che mi sono piaciute sono molte, ne elenco alcune in particolare:

– trovare confermato che innovazione collaborativa e innovazione competititiva hanno assi di business diversi

– Google e il web 2.0 in generale hanno portato a un livello di fiducia rispetto a tutto il mondo dell’online fino a qualche anno fa impensabile

– la “democratization of innovation” segna un passaggio in tutti i processi di sviluppo da vertical-gerarchico al learning by doing (e non posso non ricollegarmi al motto di wmg…)

– l’aspetto “social” gioca un ruolo chiave in tutto l’online, in ossequio al principio “people build connections”

– la sezione di “domande tattiche” e “domande strategiche” alla fine di ogni capitolo, ottimo strumento pragmatico per verificare la propria pratica quotidiana rispetto alle tesi del libro

Il libro in una frase:

Quando vi diranno per l’ennesima volta “Sì, sì, bello, bello, ma com’è che si guadagna?” Sappiate che non solo si può fare, ma si può anche studiare.

Verso la fine della correzione bozze di Un etto di marketing, alla casa editrice mi suggeriscono di fare un indice analitico.

Dicono che denota la qualità di un libro. Pensandoci, secondo me denota anche… la qualità della casa editrice (grazie, Alpha Test!).

(Evidenzio le voci già pubblicate).

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Un etto di marketing (è un etto e mezzo, lascio)?” di Massimo Carraro, ed. Alpha Test, sarà in libreria a fine gennaio 2010. Per avere un codice sconto del 20% senza obbligo di acquisto basta una mail.