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copywriting

Non ci posso credere. Prima il sito di un gruppo di consulenti, poi una brochure aziendale.

Lo stesso testo ripetuto in tutte le pagine (nel primo caso la biografia di un consulente era la stessa di tutti, nel secondo le origini dell’azienda in tutte le pagine, compresa quella del catering).

Di fronte a una sciatteria tale, non posso che trarre una conclusione: finto testo = gente finta.

Voi cosa pensereste di uno che, dopo avervi stretto la mano, risponde la stessa cosa a qualsiasi domanda gli facciate?

Sono un copy, ma sono orgoglioso di aver lasciato la sceneggiatura di questi film ad altri.

Li ho lasciati ai fondatori di Berto Salotti, che li hanno scritti – senza saperlo – lavorando per 40 anni la pelle, i telai in legno massello, i bottoni dei divani.

Io ho solo suggerito che anche il marketing si può fare con le mani.

E poi abbiamo girato.

Complimenti a un’azienda artigianale che ha saputo percorrere le strade del web tra i primi in Italia, e che ha onorato la mia agenzia di un incarico che ci emoziona e coinvolge: il progetto #percheberto.

Ho sempre pensato che la comunicazione migliore sia artigianato, e non dimentico mai l’ispirazione che ci ha dato un grande maestro della comunicazione, Pasquale Barbella, citando – come riferimento per il nostro lavoro – La chiave a stella di Primo Levi e la figura del tecnico maniaco del lavoro ben fatto, Faussone, nel suo libro Confessioni di una macchina da scrivere.

Nel nostro piccolo, proviamo anche noi ad essere all’altezza di un lavoro importante quale la comunicazione.

[Regia Dario Figoli – produzione Uaz Production]

Mad Ave's copywriter Peggy Olson

Si chiama Headliners un libro appena uscito sui migliori copywriter della pubblicità italiana. Anni fa avrei dato un braccio per esserci.

La headline – cioè il titolo del giornale, che nella pubblicità diventa il titolo dell’annuncio pubblicitario – è stata infatti per molti anni l’oggetto ossessivo delle mie giornate (e nottate) di lavoro. Divoravo gli annual, invidiavo quelle dei miei direttori creativi, sudavo mille camicie per produrne di buone.

Valeva per le headline, per i testi degli spot, soprattutto valeva per le idee di comunicazione, frutto di una magica alchimia tra parti testuali e visive di un messaggio, e quindi tra copywriter e art director.

Anni straordinariamente intensi, circa dieci, dalla metà degli ’80 in poi, di cui ricordo vivamente le lezioni dei maestri, le emozioni delle campagne finalmente in tv e sui giornali, la frenesia delle premiazioni dell’art directors club.

Poi son successe delle cose.

Ho aperto questo blog, nel 2007, riflettendo sul fatto che la gente entrava nel mio ufficio e mi parlava di marketing, non più di messaggi.
Ne ho aperto un altro che monitorava le aziende che facevano comunicazione… ascoltando (si chiamava Aziende con le Orecchie).

In Monkey Business, la mia agenzia, nasceva una nuova sensibilità.

Adesso mi sento lontano dal mondo delle headline. Adesso la pubblicità mi sembra una parodia di se stessa. Adesso, quando prendo in mano un quotidiano, vi trovo le notizie del giorno prima, che anch’io – come milioni di persone in tutto il mondo – ho visto già su Twitter o Google News.

Per questi motivi, adesso quel libro non mi interessa più tanto. Forse il libro in cui mi piacerebbe essere adesso, si dovrebbe intitolare The Hashtaggers.

Mi avvicino al libro, appena uscito, di Federica Dardi con un bel pregiudizio positivo: conosco e stimo Federica da tempo.

Questo rende tutto più difficile, se pensiamo all’obiettività della mia futura recensione, ma anche più piacevole, se pensiamo alla mia vita :-)

Obiettivamente: l’autrice è su Twitter dal 2007 (@elisondo) ed ha significativa esperienza nel campo delle internet p.r. aziendali. Attualmente lavora per la sua casa editrice, Apogeo, come junior editor e coordinatrice dei presidi online dell’editore.

Ops, quasi dimenticavo: su Twitter l’hashtag è #ApoTwitter. (Non sapete cos’è un hashtag? Comprate questo libro!).

Sono felice di annunciare che parte delle mio tempo professionale d’ora in poi sarà dedicato ad Hagakure, l’agenzia di internet PR con cui ho già collaborato nei mesi passati.

Ammiro e stimo l’agenzia dei samurai fin dal primo giorno, e l’ho seguita costantemente, trovando anche piacevoli occasioni di contatto con i suoi partner.

Da quando ho capito che la comunicazione entrava in una fortissima fase evolutiva (al punto da cambiare identità alla mia agenzia, che è diventata l’agenzia delle scimmie, animale evolutivo per eccellenza), l’accelerazione è stata increbibile, frenetica e inarrestabile. Quasi insostenibile per un copy cresciuto con Pirella negli anni 80.

Grazie quindi ai partner di Hagakure Chiara, Marco e Matteo, per aver chiesto a questa scimmia di saltare ancora più in alto.


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Formazione, autoformazione, gratis, humour, tono di voce, viral marketing…

Per tutti questi motivi adoro fare gli ebook gratuiti di Web Marketing Garden.

E mi ritengo fortunato a poter fare esercizio di copywriting su temi così tecnici. Sono in gara costante con Laura, che è sempre maledettamente brava a farne l’art direction…
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Io so perché Paolo Iabichino ha scritto Invertising.

L’ha scritto perché gli è venuto questo bellissimo titolo.

Sono un copy anch’io e lo so che certe volte tutto inizia da un bel titolo. E Invertising è un titolo da premio. Un titolo di quelli che ci si fa una strategia di comunicazione dietro. Che poi ci si trova tutta una serie di argomenti di supporto validissimi.

E Paolo gli argomenti della comunicazione li conosce molto bene, infatti il libro è pieno di tante belle cose simpatiche, curiose, colte, sempre ben contestualizzate e convincenti.

A me però non è piaciuto.

Lo dico con imbarazzo perché conosco l’autore, l’ho conosciuto proprio in occasione dell’uscita del libro, e spero tanto non se la prenda. Magari è una di quelle persone che apprezza un giudizio sincero. Oppure non gli interessa, insomma Paolo non prendertela, per favore. Ho solo detto che non mi è piaciuto non che è brutto :-)

Il libro in una frase:

Il libro di una persona intelligente e colta, che non dice quello che dovrebbe, cioè che la pubblicità è alla frutta. (E ci credo, visto dove lavora). Bel titolo però.

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A volte in riunione suggerisco una parola per un documento di marketing e mi sento dire “no, questa è strategia di marketing, poi il modo in cui la comunicheremo è un’altra cosa”.

Allora sto zitto, capisco che non è ancora il mio turno.

Poi ricevo una mail dallo staff di Obama (dopo aver aderito al suo appello online per sostenere un futuro senza più rubinetti di petrolio aperti nella pentola dove cuociamo da mangiare) che mi sembra così perfetta nel suo far aderire “le parole della comunicazione” con “il messaggio della strategia” che un po’ mi conforta.

Morale: se dovete parlare di scarpe, meglio avere in riunione un calzolaio.

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Friend,

Thanks for standing with the President on clean energy — this is a moment we can’t afford to miss.

The House has passed landmark energy legislation. But we need your help to make it a reality.

Let’s show that Americans are ready to pave the way to a clean-energy future for our children and grandchildren.

Ask five friends today to join you in standing with the President. Just pass along the email below.

Thanks,

Mitch

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Hi,

The oil spill disaster in the Gulf of Mexico is a tragedy — one we can only hope never happens again.

But the solution is about more than just addressing this crisis. As President Obama said, “An America run solely on fossil fuels should not be the vision we have for our children and our grandchildren.”

I added my name today to show I stand with President Obama for a clean-energy future.

Will you join me?

http://my.barackobama.com/CleanEnergy-auto

Thank you.

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Per la presentazione del libro “Un etto di marketing” in programma domani a Parma (qui l’evento su Facebook) ho pensato a un tema che potesse anche essere un po’divertente, oltre che – mi auguro – stimolante.

“Come diventare un racconto” parlerà dei modi di trovare contenuti per pubblicare notizie, attraverso 100 spunti per scrivere un post (e da qui il sottotitolo ironico 100 post gratis).

Speriamo che piaccia!

Il copywriter che è in me ha cercato di divertirsi un pochino parlando di marketing dell’ascolto.

Ancora grazie ai pochi-ma-buoni che hanno partecipato alla discussione di ieri sera al Malacarne di Verona, rendendo speciale la serata con la loro energia e voglia di confrontarsi.

Il nuovo ebook sugli errori/orrori delle nostre (orrende) abitudini di marketers, nuovo regalo di Web Marketing Garden al popolo della rete.

Social marketing horror è il terzo della serie, i primi due sono stati Web Marketing Horror e Email Marketing Horror.

Sono tutti e tre ancora disponibili. Richiederli qui.

Invertising – titolo davvero bello (il copywriting non è acqua, signori) – è il libro di Paolo Iabichino, che di mestiere fa il direttore creativo della filiale italiana di una delle più grandi agenzie di pubblicità del mondo.

Parla della comunicazione pubblicitaria nell’era dei social network e della rete partecipata.

Un tema coraggioso e stimolante, per chi sta assistendo allo straordinario passaggio della comunicazione d’impresa dall’evo pubblicitario – monodirezionale, stolido e impositivo – alla dimensione liquida e iperevolutiva della rete e dei suoi nuovi linguaggi  (tema che ho provato a svolgere anch’io).

Si tratta di un passaggio tutt’altro che semplice.

Sono curioso di capire cosa ne pensa uno che – se non ho capito male – prende lo stipendio da chi fondamentalmente commissiona spot in prime time… (E dai Paolo non te la prendere, o non usa più prendersi in giro tra colleghi? In ogni caso ti sto mandando il mio Un etto di marketing, libro ideale da fare a fettine… ;-)

Passando a How to Communicate the American Way, si tratta di una chicca, di quelle che difficilmente scopri, e io l’ho scoperta, pensa un po’, nel mio ufficio.

E’ infatti un libro che è arrivato insieme all’autrice, Elisabetta Ghisini, per un seminario di “communication skills” tenuto al Cowo e rivolto – nientepopodimenoche – alle giovani imprese italiane che cercano venture capital negli Stati Uniti.

Lo so che detta così sembra una telenovela da tv aziendale, invece son stati due giorni tostissimi in cui l’Elisabetta (milanese trapiantata a San Francisco, dove è consulente di comunicazione interculturale) ha rivoltato come calzini una dozzina di baldanzosi startuppers nostrani, di Mind the Bridge e non solo.

Insomma, due bei libri mi attendono sul comodino… :-)

Verso la fine della correzione bozze di Un etto di marketing, alla casa editrice mi suggeriscono di fare un indice analitico.

Dicono che denota la qualità di un libro. Pensandoci, secondo me denota anche… la qualità della casa editrice (grazie, Alpha Test!).

(Evidenzio le voci già pubblicate).

AGCOM, Aggregatore, Aggregatore sociale, Alert, Amazon, Anderson Chris, Andreesen Marc, Anobii, Apple, Arc Leo Burnett, Ascolto, Atac Roma, Atacmobile, Atom, Auditel, Aziende con le Orecchie, Barilla, Becchio Enrico, Berardi Barbara, Berto Filippo, Berto salotti, Bespoke, BlackBerry Storm, Blog, Blogger.com, Bloglines, Blogosfera, Boaretto Andrea, Bugs Tv, Burde, Business Blog (libro), Business Week, Camisani Calzolari Marco, Candiani Silvia, Carrefour, Ceo blog, Cluetrain Manifesto, Cnn, Coca-Cola, Co-creation, Coda Lunga, Coin, Comix, Community, Comunicato stampa, Concorrenza, Condivisione libera e gratuita, Controllo (perdita del), Conversazione, Convinzione, Corigliano Fabrizio, Corporate Weblog Manifesto, Creative Commons, Crippa Manuela, Critiche, Crowdsourcing, Cumbo Valeria, Del.icio.us, Del Torchio Gabriele, Dema, De Martini Antonangelo, De Meo Luca, Design Conversations, Desmoblog, Diegoli Gianluca, Digital Devide, Digital pr, Dimensione Legno, Ducati, Duilio Andrea, eBay, Edelman, Electrolux, Embed, English Cut, Enterprise 2.0, Ernesto Meda, Evangelista, Facebook, Facebook (applicazioni), Fake, Febal, Feed, Feedback, Feed Reader, Ferrari, Ferri Andrea, Fiat, Fiducia, File sharing, Firefox, Flickr, Folksonomia, Forrester Research, Free (libro), Free Knowledge, Freemium, Friendfeed, Friends, Friends Compatibility, Gapingvoid, Galetto Fabio, Gates Bill, General Motors, Girl Geek Dinner, Gladwell Malcom, Global Microbrand, Glocal, Godin Seth, Google, Google Reader, Gori Andrea, Guinness dei Primati, Hagakure, Hayden Nicky, Heaton Gavin, House-swapping, Human Resources, Hunt Tara, IBM, Inglesina, Innovazione, Intensedebate, Investimento (denaro, tempo, energia), iPhone, Israel Shel, Jaiku, Jarvis Jeff, Johnson Steven B., Kettydo, Kotler Philip, Kriptonite, La Cucina Italiana, Lago, Lago sales community, La Mucca di Schroedinger, La Stampa, Lego, Levine Rick, Liberi per Natura, Lifestreaming, Linguaggio informale, Linkare linkare linkare, Linkedin, Liveblog, Locke Christopher, Lutz Bob, MacLeod Hugh, Mahon Thomas, Marketing dell’Ascolto, Marketing dell’Ascolto (Manifesto del), Marketing Reloaded, Massarotto Marco, Max Mara, Mentos, Mercedes-Benz Italia, Metriche, Microblogging, Microsoft, Milanin, Minimarketing, Minoli Federico, MIT, Mobile marketing, Moder Pepe, Monty Python, Morici Giuseppe, Mosaico Arredamenti, Motori di ricerca, Movable Type, MSN, Mulino Bianco, Mullenweg Matt, MySpace, Naked Conversations, Napster, Nannini Gianna, Netflix, Netscape, Netvibes, Networking, Nextink, Ning, Noci Giuliano, Nome del blog, Nutellaville, Obama Barack, Ollino Paolo, Online reputation, Open source, Osservatorio Multicanalità, Paglia Gianpaolo, Pantaleo Luana, Partecipazione, Passaparola, Passaparola negativo, Pazienza, Peer-to-Peer, Perché, Permanenza delle conversazioni in rete, Permission marketing, Perosino Giovanni, Perrier Eugenio, Persona, Peters Tom, Pini Fabrizio Maria, Pinkstop, Plantulli Domenico, Poggio Argentiera, Potenza Massimo, Plurk, Pownce, Pronin Emily, Proximity marketing, Pubblicità nell’era del marketing dell’ascolto, Quelli che Bravo, Radio 105, Referrals, Rex, Reputazione online, personale e aziendale, Rice Jennifer, Roberts Kevin (KR Connect), Rodriguez Evelyn, ROI, Romeo Gianfranco, Rosen Emanuel, Rossetti Andrea, Rovekamp Frank, RSS, Rubel Steve, Saatchi and Saatchi, Salesforce, Schwartz Jonathan, School of Management del Politecnico di Milano, Scoble Robert, Searls Doc, Sem-Seo, Share, Shift, Shirky Clay, Skype, Slideshare, SMS, Social lending, Social media news, Societing, Spam, SROI (Social Return of Investment), Starbucks, Stephenson Frank, State of the Blogosphere, Stickiness, Stone Biz, Stoner Casey, Stormhoek, Streaming, Stumbleupon, Sun Microsystems, Tag, Tapscott Don, Technogym, Technorati, Tempestività, Time, Tombolini Antonio, Tono di voce, Torvalds Linus, Trasparenza, TSW, Tui Viaggi, Twitter, Typepad, Ubiquity, Unomattina, User-Generated Content, Virale, Virtual workspace, Vodafone, Vodafone Station, VoIP, Volagratis, Wal-Mart, Wal-Marting Across America, Wegner Daniel, Weinberger David, Wheels eBay, Wiki, Wikinomics, Wikipedia, Williams Anthony D., Williams Evan, Wilson Fred, Windows Live Spaces, Wired, WordPress, Xing, Yahoo, YouTube, Zago Nicola, Zanet Fabio, Zonin, Zopa, Zuckerberg Marc.

Un etto di marketing (è un etto e mezzo, lascio)?” di Massimo Carraro, ed. Alpha Test, sarà in libreria a fine gennaio 2010. Per avere un codice sconto del 20% senza obbligo di acquisto basta una mail.

Sono curioso (e un tantino ansioso, perché negarlo) di vedere com’è! Intanto, sul sito di Invertising, dedicato all’inversione di marcia dell’advertising, si può scaricarne un capitolo. In bocca al lupo, Paolo!

Dopo molto tempo che non scrivo dei libri che leggo, riprendo da dove avevo lasciato: il minicapolavoro di minimarketing. (E’ stato sul comodino appena un anno…)

Essendo Gianluca Diegoli uno dei referenti del nuovo marketing in Italia, ed essendo il suo libro stato scaricato oltre 10.000 volte, mi pare che la rete ne abbia già decretato il meritato successo.

Tento di aggiungere qualche considerazione:

1. Gianluca non solo sa quello che scrive ma sa anche come scriverlo (due talenti al prezzo di uno)

2. La scelta stilistica delle minitesi è una vera chicca

3. Il successo dell’ebook ha le sue radici nella credibilità del suo autore, e questo, a mio modo di vedere, rappresenta la prova provata di cosa può fare una reputazione ben costruita

Non mi sottrarrò all’abitudine di raccontare il libro in una frase, anche se questa volta il libro da definire è lui stesso fatto di frasi :-)

Se amate il mestiere del marketing ma odiate i mestieranti, spegnete il powerpoint e aprite le orecchie: il Diegoli ci mette pochi minuti a spiegarvi come si fa.

Concludo con un’ultima lode: quella relativa al rapporto quantità di informazione/tempo richiesto per assimilarla. Secondo me solo un pugno in faccia riesce a battere le 91 tesi…

La prima sezione del libro (in tutto sono 3)(come quale libro? quello che sto finendo di scrivere, senti che titolo: Un etto di marketing – è un etto e mezzo lascio?), tenta di raccontare tutto il web che serve sapere in 100 parole, ognuna delle quali accompagnata da alcune mie considerazioni lunghe un capitoletto.

Ma siccome è un libro per salumieri, più che per manager maniaci della precisione, ne son venute fuori 109 (anche grazie a questa discussione, che ha allungato la lista).

Come sono?

1. Age of conversation – Un libro scritto dalla rete, a 100 mani.

2. Aggregatore – Lo strumento per “leggere la rete”, laddove leggere è sinonimo di ascolto.

3. Aggregatore sociale – Contenuti + condivisione.

4. Alert – Che si dice di te in rete?

5. Ascolto – Qualcuno sta parlando di te. Ascolta, forse ti verrà voglia di dire la tua.

6. Aziende con le Orecchie – Un luogo di conversazione online, dedicato a “chi pratica il marketing dell’ascolto in Italia, e come”.

7. Blog – Uno “strumento abilitante”, niente di meno ma neanche niente di più.
Un protagonista del marketing dell’ascolto talvolta sopravvalutato e spesso lasciato solo a ricoprire un ruolo più grande di lui.

8. Blogosfera – La grande comunità dei blogger: il popolo che posta, commenta, scopre, dialoga, riporta.

9. Carrefour – La forza della blogosfera, attivata da un bambino.

10. Ceo blog – Quando il boss decide di bloggare. Una scelta che ha illustri e illuminanti esempi.

11. Co-creation – Un caposaldo del “nuovo” marketing.

12. Coda lunga – La teoria che ha spiegato al mondo perché l’economia digitale non è come quell’altra.

13. Comunicato stampa – Uno strumento che cambia pelle, come tutto il resto.

14. Controllo, perdita del – Quando le aziende si concedono l’intelligenza di cambiare idea, come conseguenza di uno scambio informativo con il proprio mercato.

15. Cluetrain manifesto – Il manifesto che ha detto al marketing: “guarda che il mondo sta cambiando, sveglia!”

16. Community – Un possibile, futuro sinonimo di “azienda”.

17. Concorrenza – La concorrenza è all’ascolto? I vostri clienti ascoltano la concorrenza? La concorrenza può partecipare alla conversazione? La risposta è sempre sì: in una conversazione matura ed evoluta non si può far finta che i competitor non esistano.

18. Condivisione libera e gratuita – Chi non condivide vecchio è.

19. Conversazione – E’ tutto qui. Il potere del passaparola, forma pubblicitaria tra le piu antiche, ha trovato con Internet la sua epoca d’oro.

20. Convinzione – Come accade nel mondo reale, anche su internet qualcuno “ci fa”.
Queste persone non si ricordano che in rete tutto lascia traccia.

21. Creative Commons – La cornice di riferimento che ha creato la possibilità di riprodurre i contenuti in modo legale.

22. Critiche – Le critiche dei consumatori vanno accolte con gratitudine, perché sono segnali di attenzione, e occasioni di miglioramento.

23. Crowdsourcing – La scoperta che tutti possono avere un’idea utile.

24. Desmoblog, la tribù Ducati – Il blog che ha portato l’azienda a chiedersi “di chi è la Ducati?”

25. Digital Divide – La rete tende a unire il mondo, ma lo divide anche: in chi c’è e chi non c’è.

26. Edelman – Un colosso che ha imparato a proprie spese come ci si muove in rete.

27. Embed – Un verbo dal significato fortemente simbolico.

28. English Cut – Come salvare un business ottocentesco con un approccio da 21° secolo.

29. Enterprise 2.0 – Se il web suggerisce all’azienda un modo di essere.

30. Evangelista – Quando si crede in qualcosa, lo si dice a tutti.

31. Facebook – Il social network in blu, creato da un 19enne nel 2004 ed arrivato a 200 milioni di iscritti, 5 anni dopo.

32. Fake – Il peccato mortale del marketing dell’ascolto: essere fake!

33. Feed – Fame di informazione? Niente ti nutre come la rete!

34. Feedback – La risposta che viene dalla rete, la base su cui valutare le scelte.

35. Fiat – Un brand italiano che ha capito in fretta come muoversi su internet: ascoltando.

36. Fiducia – Una parola che vive una seconda primavera.

37. File Sharing – La rete è condivisione, non sempre controllabile.

38. Folksonomia – Sai che c’è? Decido io come organizzarmi l’archivio.

49. Free Knowledge – Tutto gratis? No. Però…

40. Freemium – Il modello di business inventato dalla rete.

41. Friends – E tu quanti amici hai su Facebook?

42. Global Microbrand – Quando la rete rende universali le cose locali, come una bottega artigianale, un produttore di vino.

43. Glocal – E’ un mondo sempre più piccolo.

44. Godin, Seth – Il calvo che non sbaglia un colpo.

45. Gratis come dono per la rete (prima dare, poi ricevere) – Il dono è la base di tutte le reti. Con buona pace dei business plan.

46. iPhone – L’oggetto che ha dato i superpoteri a tutti.

47. Human resources – La rete cambia anche il modo di cercare (e trovare) lavoro.

48. Innovazione – Una volta era il fiore all’occhiello delle aziende più evolute. Oggi è l’unica possibilità reale per sopravvivere.

49. Investimento (denaro, tempo, energia) – Il fatto che la rete sia immateriale non vuol dire che non costi niente.

50. Kriptonite – Il potere del passaparola: quello che Kriptonite ha insegnato al mondo (a sue salatissime spese).

51. Lego – L’esperienza di co-creazione di Lego Factory.

52. Lifestreaming – Teniamoci in contatto, in tempo reale.

53. Linguaggio informale – Come deve parlare un’azienda in rete? Non come un’azienda, ma come una persona. Sembra semplice, ma non lo è.

54. Linkare, linkare, linkare – Il filo rosso della rete, di post in post, verso ciò che mi interessa.

55. Liveblog – Un evento seguito in diretta e riportato su un blog, mentre accade.

56. MacLeod, Hugh – Da copywriter a eroe della blogosfera corporate, passando per Savile Row.

57. Marketing Reloaded – Un convegno, un libro, un’idea di rinnovamento di marketing partito dal Politecnico di Milano.

58. Metriche – La difficile misurazione dell’efficacia delle conversazioni.

59. Microblogging – Cosa stai facendo ora? Dillo alla rete!

60. Mosaico Arredamenti – Un caso di passaparola negativo tutto italiano, con tanto di querela e richiesta risarcimento danni per ben 400.000 euro.

61. Motori di ricerca – I google you!

62. Multicanalità – La molteplicità dei canali: un bel paradosso per chi vuole comunicare (e vendere) sempre lo stesso prodotto.

63. Naked Conversations – La bibbia di ogni corporate blogger, e di ogni azienda aperta all’ascolto.

64. Networking – Cos’è la rete se non un network di persone? Da qualche tempo coltivare il proprio network è diventato un’attività specifica.

65. Nome del blog – Il primo passo del blog, uno dei più importanti.

66. Open source – Quando i tecnologi individuano un trend epocale.

67. Partecipazione – Mai come nel marketing dell’ascolto “L’importante è partecipare”.

68. Passaparola – Niente di nuovo, a parte la potenza incredibile di internet.

69. Passaparola negativo – E’ molto più probabile che venga riportata una notizia cattiva che una buona.

70. Pazienza – Ascoltare, significa non dover mai dire “uffa!”

71. Peer-to-Peer – Una rete di computer senza gerarchie. E quindi – attenzione! – un posto dove non comanda nessuno.

72. Perché – Motivi e ragioni per ascoltare la propria base di utenti.

73. Permanenza delle conversazioni in rete – Come i diamanti, internet è… per sempre!

74. Permission Marketing – Quando il marketing imparò la buona educazione.

75. Persona – Chi è al centro del web?

76. Proximity marketing/Mobile marketing – Il messaggio giusto, sul territorio.

77. Pubblicità nell’era del marketing dell’ascolto – Ha ancora senso bombardare i consumatori di messaggi pubblicitari quando questi hanno capito che possono pretendere (e ottenere) un contatto diretto?

78. Quelli che Bravo – Il blog che raccontò la nascita di un’auto, forse il primo al mondo.

79. Referrals – Sappiate chi parla di voi.

80. Reputazione online, personale e aziendale – Tu non sei tu, sei quello che Google dice di te (titolo dalla GGD Milano7).

81. Roberts, Kevin (KR Connect) – Ceo blog, dal mondo della pubblicità.

82. Roi del blog – Return of Investment o Return of Influence? – La questione che non fa dormire i marketing manager.

83. Rss – Il fattorino elettronico che mi fa arrivare tutti i contenuti da tutti i siti che mi interessano, come e meglio dell’email.

84. Schwartz, Jonathan – Il ceo che blogga dal tavolo di cucina.

85. Sem/Seo – Search engine marketing/Search engine optimization – Cercare la visibilità su Google è un’arte nobile (quasi sempre).

86. Share – “Share this”: il precetto del contenuto interessante.

87. Skype – Quando la rete trasforma un gesto quotidiano come quello di telefonare.

88. Societing – Perché il marketing del nuovo secolo merita una nuova parola (parola di Giampaolo Fabris).

89. Spam – La carne in scatola tramutata in email spazzatura dal genio dei Monty Python.

90. Sroi (Social Return Of Investment) – Misurare il ritorno dell’investimento al di fuori del “mercato”.

91. Stickiness – Il contrario di ciò che che pensavamo tutti.

92. Stormhoek – Produrre vino in Sud Africa e venderlo in tutto il mondo grazie a un copywriter inglese.

93. Streaming – La vita in rete, in diretta.

94. Technorati – La casa internazionale dei blog.

95. Tag – Ti ho taggato in una foto…

96. Tempestività – I tempi della rete sono tre: ora, subito, immediatamente.

97. Tono di voce – Prima di parlare, pensa a come farlo (se vuoi che qualcuno ti ascolti).

98. Trasparenza – “We are in the age of the Transparency Tiranny”.

99. Twitter – Decine di milioni di utenti, uno status da star dei media e (ancora) niente profitti.

100. User-generated content – Crea la tua pubblicità, il tuo marchio, il tuo prodotto.

101. Virale – Una moda… contagiosa.

102. Virtual workspace – Come cambia il lavoro, così cambiano gli ambienti in cui si svolge.

103. VoIP – La voce viaggia su internet.

104. Weinberger, David – Il guru che ha visto lungo.

105. Wiki – Mettiamo insieme la conoscenza. Magari facciamo la più grande enciclopedia della storia del mondo.

106. Wikinomics – La collaborazione di massa che cambia le cose.

107. WordPress – Bloggare non è mai stato così facile.

108. YouTube – Broadcasting yourself.

109. Zopa – Il prestito sociale che bypassa le banche. Un’idea che l’Italia non ha voluto meritarsi.

Un etto di marketing (è un etto e mezzo, lascio)?” di Massimo Carraro, ed. Alpha Test, sarà in libreria a fine gennaio 2010. Per avere un codice sconto del 20% senza obbligo di acquisto basta una mail.

Non è bellissima? Art direction di Laura Coppola (bravissima as always). A gennaio in libreria!

[UPDATE 17/12/2009 – E’ ufficiale: l’editore mi ha autorizzato a dare un codice sconto del 20% a tutti coloro che ne fanno richesta, da ora fino alla data di uscita. Chi fosse interessato può lasciare nei commenti la sua email (il prezzo sarà così di 12 euro anziché 15 (in ogni caso non c’è obbligo di acquisto). Approfittatene!]

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Tra le tante cose che sto facendo, c’è anche il libro, di cui ho già parlato.

Bella notizia: non è più un sogno nel cassetto, ma una bozza in consegna a un editore molto importante, importantissimo (il più importante del mondo direi, visto che stampa il mio libro!).

Ringrazio quindi Alpha Test, che porterà questo lavoro nelle librerie a inizio 2010, e continuo nella pubblicazione di alcune parti.

Non credo, infatti, si possa scrivere un libro sui social media senza condividerlo.

E poi – diciamocelo – come rinunciare a un lavoro di revisione come questo?

PREMESSA

Questo libro: perché e per chi.

Un copywriter che scrive di marketing non è certo la miglior ipotesi di lavoro. Però. Mai come ora, nella comunicazione d’impresa, la figura di chi scrive (tradizionalmente i copywriter) è stata così vicina a chi decide le strategie.

E questo non tanto per un’accresciuta importanza del ruolo degli “scribacchini” come il sottoscritto, quanto perché le strategie sono divenute liquide e in continuo, incessante aggiornamento. Questo a causa di quegli strumenti che solo chi ama scrivere (o comunicare) maneggia nel giusto modo: blog, reti sociali, conversazioni online e quant’altro.

La strategia è andata verso la parola. Ha lasciato i rigidi powerpoint del reparto marketing per entrare nel magmatico mondo delle conversazioni.

Per questo, da circa due anni affianco al mio lavoro di copywriter quello di “comunicatore online”, esperienza in continua evoluzione che mi ha portato, tra le molte cose, anche a scrivere questo libro.

Quanto al “per chi”, queste pagine si rivolgono a tutti, perché credo che questo periodo stia facendo nascere un’attitudine più aperta, anche e sopratutto al di fuori dei reparti marketing tradizionali, che permette di promuovere i propri prodotti e servizi a tutti coloro che hanno… qualcosa da dire.
E se non hanno una laurea in Bocconi e un master a Stanford, pazienza.

Infine, una parola sulla struttura.

Ho cercato di non dare nulla per scontato, con l’obiettivo di dare una panoramica completa dapprima sui concetti (le cento parole da sapere), poi sugli strumenti (quali sono e come usarli) per finire con alcuni esempi, sia di grandi aziende sia di imprenditori sconosciuti al grande pubblico, ma depositari di forti esperienze personali.
Questi magnifici visionari sono da ringraziare in modo particolare – non solo per avere avuto la generosità di rilasciarmi un’intervista personale – ma soprattutto per il loro essere di ispirazione per tutti coloro che affrontano il mercato armati soprattutto di idee.

Ogni tanto vado a presentare l’agenzia.

Anche se sono un uomo di advertising e l’agenzia vende creatività per quello, faccio sempre in modo di includere, dopo la presentazione delle campagne, una piccola panoramica su quanto faccio in rete (i blog, il mio social network, il progetto cowo che vive di solo marketing nonconvenzionale ecc.).

Questa parte della presentazione a volte sfocia in un’interesse particolare, che viene sintetizzato nella frase di saluto:

…e comunque, se le viene un’idea per noi, ci faccia sapere.

Questo fatto è molto interessante, e merita una piccola riflessione.

Dapprima mi irritavo un po’. Ma come, se le viene un’idea, l’idea mi viene se tu mi chiedi di farmela venire!

E poi: come se non mi svegliassi già tutte le mattine alle sei per farmi venire idee per quelli che mi pagano per farlo!

Però però.

Alla fine, mi sono persuaso che “se le viene un’idea ci faccia sapere” sia in fondo un complimento.

Significa “lei ci piace, ma non sappiamo cosa chiederle” che – tutto sommato – non è altro che una richiesta d’aiuto.

Insomma, un’apertura da parte di chi ancora non sa tanto aprirsi.

Forse sta a noi inventarci – oltre alle idee di campagna – delle idee di relazione con i clienti.

Sapevatelo, dice Corrado Guzzanti.

Qui si può richiedere (gratuitamente) l’ebook di 26 pagine “Email Marketing Horror – quando l’errore diventa orrore” a cura di Web Marketing Garden, con l’art direction di Laura Coppola (Monkey Business).

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Milano, 17 giugno 2009, ore 9.19. A un anno esatto dalla precedente conferenza, si ripete l’appuntamento con il team del Mip Politecnico di Milano e Philip Kotler. Curioso che oggi sembri quasi normale essere seduti ad ascoltare un guru come Kotler, solo per averlo sentito una volta in questa sala…

Come l’anno scorso, proverò a registrare in diretta ciò che sento.

Nell’attesa che si inizi, ecco il programma della mattinata:

9.45 – Introduzione di Umberto Bertelé

10.00 – La pubblicità non è più quella di una volta – Philip Kotler con Gianpiero Morbello

11.30 – Prima spremitura dell’advertising: come cogliere i frutti dei media partecipativi? – Giuliano Noci

12.00 – Il mondo della pubblicità nel frullatore: esiste una ricetta vincente? – Mario Abis, Massimiliano Magrini, Gianluca Spina

Parte una slide:

LA PUBBLICITA’ E’ SERVITA – UN MIX DI CREATIVITA’ MARKETING E NEW MEDIA, SENZA AGGIUNTA DI EDULCORANTI

Bertelé

Benvenuti a tutti al secondo evento… (sistemano l’audio) con Philip Kotler, la partecipazione è imponente, superati i 2500 iscritti abbiamo dovuto fermare le iscrizioni.

Il titolo dell’evento è creativo. Come si svolge l’incontro? Prima di tutto l’intervento di Philip Kotler, con lui Giampiero Mornello, corporate vicepresident di Acer, uno dei gruppi piu felici in questo momento di difficoltà.

Dopo passeremo all’intervento di Giuliano Noci, organizzatore. Anche qui, tema colorito.

Infine, tavola rotonda con Mario Abis, Massimiliano Magrini e il nostro dean del Mpi, Gianluca Spina.

Due parole su Philip Kotler, credo sia un personaggio che si identifica con la stessa idea di marketing, ha al suo attivo un impressionante numero di pubblicazioni. Tra i guru del management, secondo il Financial Times, nel 2001 era il n. 4 mondiale, e nel 2008 è stato giudicato il 6° personaggio piu influente nel business dal Wall Street Journal.

Entra Kotler tra gli applausi.

Kotler

Greetings, what a nice audience! I hope I can give you value so that when you go back to your companies you have new ideas.

I think that crisis means 2 things: crisis and opportunity.

Jetblue said is the best time for them, they get more market share since their competitors are weak.

When there are disruptions, that’s the time some firms get better chances.

Many books speak about great companies, I think it started with Tom Peters. But some companies turned out disasters.

My friend Jim Collins wrote the book “Good to great”, and identified about 15 phenomenal companies in ROI and sales, that led Jim to find out… why a great company falls.

His new book is “How the mighty fall”. He had to write it!

How does a company like GM fall apart?

According to Jim there is a cycle. It starts with success, then success becomes the cause for failure.

Success is the beginning of the end.

2nd stage is called undisciplined growth. They think they can do anything. Cisco, run by John Chambers, is about to enter 15 new markets, I don’t remember anyone announcing such a massive move.

3rd stage starts when there are problems, but the company denies them.

4th stage is when it becomes very public that the company has problems.

At this stage they will try anything. If they’re lucky they find… salvation. If they don’t find salvation, it’s 5th stage: GM.

Its gonna be happening more and more.

Now, let’s distinguish recession from turbulence.

Recession is a business cycle, economy goes down and slowly comes back up.

Turbulence is different. It means there will be a large number of surprise and disturbances, more than before. But there’s no curve, like the business cycle. It’s shakiness.

My thesis is that we are entering a New Normality.

The New Normality is: Turbulence.

The norm is change. Change is the norm.

There will be a lot of shakiness, like in an airplane…

So, I believe companies need new systems and processes to handle turbulence.

My new book “Chaotics” will be out in Italy in september, and holds this subtitle: the business of handling marketing in the age of turbulence.

Turbulence is here for two big reasons: globalization and digitalization.

Globalization means that we’re so interconnected with other countries that if US sneezes, everybody gets a cold.

Globalization is the best thing we can hope for, because it brings down the cost of living.

One of the good things is that it locks us in a state of fragility.

Then, the news travel fast. Customer empowerment is the result. Entirely different from 15 years ago.

One person can take down a company.

One persone can open up a site and command a company to respond.

Companies have to be not only transparent, but have to have good quality. It’s not acceptable not to deliver quality.

That is why companies will get better.

If I need a car I don’t go to a dealer, I go to the web.

And see what the people said abut that car. Not only now, by 6 months before.

Then I go to the dealer and I know what the price will be. Not his price, my price, the price I know from the web.

We cannot get away get away with old marketing and promotion.

Marketing has more conversation than promotion.

Your company must be able to open up. You have missed an opportunity to actually co-create your product with your consumer.

It happens with Lego, Harley-Davidson… customers want to help out! They wanna tell you how to do it.

Whole new set of things.

Now let’s move on… here are the concerns of customers:

– recession

– sustainability

(Mostra dei marchi spoof – Fail invece di Ford, Nokia disconnecting people, Sorry invece di Sony ecc.

This is recession.

Dalai Lama said:

Easy times are the enemy, they put us to sleep.

Adversity is our friend. It wakes us up.

Old chinese proverb:

When the wind storms,

some build walls,

some build windmills.

What is the best strategy? Is there one? No.

There are 4, depending on your company.

Suppose you are strong company (good finance, strong marketing, competitive position)… what is your strategy?

It’s: buy the competitors who are weak, or their assets.

Suppose you are a stable company (good finance, weak on the market). Your strategy: build some good marketing and buy out some brands.

Suppose you are a struggling company (weak finance, strong marketing). Your strategy: rinegotiate with suppliers, make process improvements.

Suppose you are weak on both: close down, your company is out (failing company).

Another point, your company decision-making should be in three stages:

1

Decide what to do now in the emergency of the recession, maybe cut everything unprofitable, but before you do this housecleaning, ask yourself what the impact will be in 4 years.

2

Work on new products that are ready, move into opportunities.

3

Remember that you had a big dream at the beginning, something significant for people. Think in that direction.

What business are we? What do we believe in ? Don’t ever forget that.

Some consumer adjustments:

– Consumers will move lo lower prices.

Some companies are in a good position, when they are designed to produce a lot for little money. MacDonald’s, Dollar stores. When consumer want to save money they go to them. They prosper now.

Two examples.

Frozen food is in a strong position. People are not going to restaurants too much anymore, and they don’t have time to cook.

Sleeping pills. They go very well now.

Private brands, as opposed to normal brands, are doing extremely well.

In a recession, big brands are in trouble.

Subbrands of big brands are growing.

– Consumers will postpone whatever is not necessary

Bad news for furniture, autos, major appliances and expensive vacations.

– Consumers change their behaviour because of fuel prices

High prices will lead to home-centerness, less driving, people stay near where they live, won’t go to restaurants

Some business adjustments:

– Reduce production, buy factories

– Cut rate of capital investments

– Marketing will be cut

– Suspend new product development

What should you do?

Some will assume the recession will cure itself.

Don’t panic, don’t make across the board cuts. Like: cut 20% of everything.

Suppose a company is preferred because of service, if you cut 20 % of service you’ll loose everything.

Let me show you what P&G did.

All global companies know that they really are local.

Shampoo packaging changes in different countries.

They noticed that maybe they were “over”localizing, so one way to save was to stantardize a little bit, then reduce some flavours, and then leave or sell some weaker brands.

Another case: MacDonald’s.

Brands get tired. They made new business plan. They did something that impressed me.

Renovation, Innovation, Marketing.

Continuous improvement is the only alternative to continuous decay.

Stores had to look better and have more contemporary look.

Innovation: new things in the menu. Mothers wanted a good, fresh salade. They improved their quality in that direction, opening the menu. They even introduced something that cannibalized the hamburger: the taco, which cost half the price of the hamburger.

And then marketing talked about “the new MacDonald’s”.

And also, they recognized that they can learn a lot opening up to internationalization. They learned food from all over the world.

Strategic responses, not tactical.

1

Track changes.

2

Examine local competitor weaknesses.

3

Decide in which markets to build market share.

4

Offer lower value and add value.

Marketing: there are several things you should do.

Many companies don’t know the cost of rebates, discounts… they don’t know if they make money or loose money, when it comes to marketing.

Account analysis on marketing is lacking.

Marketing steps to take:

1

Take an inventory of marketing initiatives and costs.

2

Shed unfprofitable segnents.

3

Delete poor selling products.

4

Weed out underperforming distributors.

5

Reposition pricing.

6

Shift to a more efficient media mix: go to social media.

7

Focus on getting more spending by existing customers, and less on attracting new ones.

8

Build stronger relationships with high-potential customers.

Define the mktg budget.

Some part of the budget must be kept: to test, to reach key customers, to change product features, and to message why to continue buy your product, for trade/consumer promotion (in a recession everybody is looking for a deal).

Advertising?

Does it still pay?

Yes if your company…

…has a value brand

…is about to launch a subbrand

…has an exciting new offering

…has a strong finance

…has a product that demonstrates its value

Now, to overcome purchase resistance.

Problem 1: Customers decide to buy later, cause the price may go down.

Response: buy now, if the price goes down we’ll give you the difference.

Problem 2: I’m worried that I might loose my job.

Response: We’ll take the car back, with small adjustments.

Problem 3: I feel poor.

Response: you feel poor, but if you buy it later price may go up.

You need to build systems for the new normality: turbulence.

1

Early morning system.

More than business intelligence, it’s a formalization to identify weak signals, an early morning system will formalize this.

You better know everything in advance.

2

Scenario planning.

More than a business plan.

Ability to imagine 2 or 3 scenarios, like militaries do.

What’s the worst thing that can happen to us, and what would you do.

We are not in a world where risk is measurable.

3

Flexible budgets.

I want every department able to tell me what to cut, in case, overnight.

Tell me what 20% can be cut from, overnight.

And the opposite.

What every dep.t would do with an extra 20%, in case.

Flexible budgeting, it gives an advantage in time.

Si passa ora alla discussione.

Morbello

I have in mind the blind test Coke vs. Pepsi.

I work for Acer, a company with a lot opportunities in driving the crisis, but we think we do have to create value. What’s your opinion?

Kotler

Value is the center value, and brand is key.

Image of Absolut vodka is what makes people choose it.

Just putting a name or some brand type on an item, makes a difference in the mind.

But the real question is: how do we build value.

Old answer: brand is built in the mind.

Tide detergent kept saying “it cleans best”. We got to believe it. Notice that it appeals to the head not to the heart.

New stage: emotion.

Connection between brand and heart.

How do you emotionalize a brand?

The key idea is develop a story, by the way.

Marketing 1.0 = mind

2.0 = heart

3.0 = spirit

The spirit comes up when some company say: our product is good for the environment.

It’s the spirit we want as human beings.

Value is very basic.

Morbello

Thank you. Multiple approach. Laptop has become more and more a commodity. What do you think about starting investing in strong rational parts?

Kotler

In the computer area, you’re quite right.

The net book I think is the convergence of PDA and laptop.

Someone is coming out with the right form of it. People give a mental reasons, they travel a lot, they want something light, but also for your children… appealing, friendly…

There maybe some more fetures that will catch us as crucial. Movie machine, internet machine, TV set…

Questions from the audience?

Gabriele Cortella, Politecnico

Co-creation, it includes the customer. How do you think the business model of a company may change according to this?

Kotler

You’re absolutely right.

I think that you should have some customers that love you so much that they want to sit down with you and talk about your product.

On a volunteer base, they hang around, you don’t pay them.

A company is a workshop. In Chicago there’s a picture frame place, where you don’t just choose your frame, you actually make it.

Co-creation means having people around you and being a good reference for ideas.

It’s very different to say “every idea you see it comes from the company”, and say “this is made by you”.

Get a prize, or a year supply, is a good idea to involve customers.

Persona della società Future People

Regarding the social implications of business activities (mktg 3.0)… Looking at the impact advertising has had in influencing consumer, do you think that modern marketing has some responsability, and to what extent?

Kotler

Americans bought more than they really could.

We would allow someone to buy a home, a car, with nothing down. Difference from the rest of the world, we were buying more than we were exporting.

So the  Chinese basically have been paying for Italian goods Americans buy.

Marketing is the responsible.

Marketers are judged by the ability to sell something… the mantra is “go out and sell, no matter what”.

We have to change that.

There’s a big debate on it. Lower growth. There’s no alternative.

In Asia they say that the US is not part of the new world. The new world is Asia.

In my hotel in Bejin they had an orchestra in the hall. That was only done in Europe, once. But Europe and US cannot afford it anymore. We have to change our geographical targets.

And lower growth.

Social adverts: is it better to build a social network, or to be part of a third party social network?

Kotler

Facebook, or Myspace. What is it all about, in the beginning… Twitter, I haven’t tried it but I think Obama does it.

Those are very popular.

We don’t know yet how to use them commercially.

Best marketing is when you reach the customer in the market you need him to be.

I have an idea. Basically, your website is the basis of your network, and your own social network is where you somehow build a community, and they can talk to each other.

The word “community” is becoming more and more important in marketing.

Think about developing a community about you.

When you achieve a community they want to participate. Co-creation.

In the end, to answer your question, I would say: use both.

Giuliano Noci

Grazie per essere rimasti.

L’obiettivo del mio intervento… per favore chiudete la porta… dicevo, è quello di cercare di fare il punto sul mondo dell’advertising, senza un obiettivo vero, paradigmatico.

Non siamo ancora in rado di indivuduare un paradigma certo.

Cercherò, cercheremo, di fornire alcune prime evidenze.

Al di là della recessione, stiamo vivendo un momento di profondissimo cambiamento.

Abbiamo lanciato un sondaggio, due settimane fa, per cui abbiamo ricevuto oltre 600 risposte, per questo considereremo anche il vostro parere.

In particolare, io mi pongo 4 obiettivi:

1

Capire perché molti pensano che l’advertising stia morendo.

2

Qual è la sintesi rilevante dei cambiamenti.

3

Dopo la fine (presunta) dell’advertising,  qual è il nuovo inizio?

4

Linee guida di cosa ci portiamo a casa.

L’adv è morto?

E’ semplice: 100 anni fa, John Wanamaker diceva

“So benissimo che il metà della mia pubblicità sono soldi sprecati, ma non so quale metà”.

Quale 50% della pubblicità colpisce nel segno?

15 anni fa è arrivata internet, e tutti abbiamo pensato, l’online display ci aiuterà.

Cosa è successo?

All’inizio, l’online display garantiva Click Through Rates intorno al 3%, ora negli Usa sono dello 0,1%.

Solo il 16% degli  utenti internet clicca sui banner.

Internet cresce. L’online display cala. Ecco l’elemento fondamentale.

Inoltre, in quasi tutti i paesi, i media tradizionali perdono di confidenza.

Non nel “numero” dei lettori, spettatori, ecc… il dato è che l’advertising viene ritenuto sempre meno credibile.

E diventa sempre piu credibile il soggetto “mio pari”.

La comunità scientifica è al palo, io per primo.

Questa frase (slide) sempra paleolitica:

“Advertising is a paid form of communication from an identifiable source desiìgned to persuade and take some action”.

In pillole, il succo dei cambiamenti:

Noi stiamo vivendo una “mediamorfosi”, per 75 anni abbiamo avuto un modello “spray and prey” diffondiamo il piu possibile, preghiamo che arrivi qualcosa.

Questa logica ci ha portato a 5000 messaggi al giorno per ognuno di noi.

4 canali monodirezionali e platform planning (pianificazione media su singola piattaforma). Compartimenti stagni.

Mediamorofosi = ammutinamento dei media tradizionali.

Variazione tempo speso sui vari media: mentre in passato ogni consumatore aveva uno scaffale media ben definito e limitato, ora si a amplia moltissimo la scelta.

Secondariamente, aumenta il tempo speso sui “nuovi canali”.

Crescono molto le famiglie che si rivolgono a queste piattaforme.

Cattiva notizia: siccome la gente non è vincolata a un numero di canali, è molto piu difficile raggiungerli.

Buona notizia: questi media sono interattivi e ci permettono nuove possibilità di dialogo.

I consumatori stanno diventando complessi: guardo la tv, il PC e il cellulare. Quindi è difficile generare attenzione.

Poi: multicanalità. 7.200.000 italiani sono multicanale.

Nasce un nuovo canale: il punto vendita.

70% delle decisioni sono prese lì, ma nell’ambito di un set limitato di brand (che conosco a priori).

In essenza, siamo “always on”.

Conseguenza: crescente scetticismo verso i mezzi tradizionali.

83% dei giovani americani rifiuta il modello “interrupt and repeat”.

Il consumatore ha il controllo di come, dove e quando ascoltare il messaggio.

Le persone chiedono personalizzazione, rilevanza e interattività.

Infine, il consumatore tende a scegliere, ma non troppo! Troppi gradi di libertà esasperano. Non possiamo lasciare briglia sciolta completamente, non è conveniente.

Cosa ne pensa il nostro sondaggio, 602 rispondenti.

Previsioni sul futuro: la percezione dei 602 è in linea con le previsioni ufficiali: – 18%.

Ma come cambierà il media mix?

La TV non ha la disfatta che si pensava. La stampa ha un crollo verticale, Internet cresce, il Digital at home muove aspettative importanti.

Il principale deterrente al nuovo mondo sono i “big boss della corporation”.

Il top management è ancora attaccato ai canali di conunicazioni di massa.

Cosa ci aspettiamo quindi?

Nel futuro paradigma, se ci sarà, non conta quante persone hanno visto il nostro messaggio, ma conta sapere se il target presta attenzione e risponde.

Secondo:

L’ascolto, attraverso i differenti touchpoints, diventa fondante del nuovo adv.

L’ascolto è l’antidoto alla perdita di controllo che le imprese hanno rispetto al consumatore.

Non è tanto rilevante come fare advertising sui social network, ma è rilevante come i social network cambino il paradigma dell’advertising. Abilitando l’ascolto. Che diventa cardine di strategie sostenibili di advertising.

Dal “parlare agli individui”, dobbiamo passare a “trovare modi di generare conversazioni”.

Obiettivo: creare l’advertising che l’individuo cerca e ritiene di valore, cioè migliora la sua vita e rende le cose piu semplici.

Non importa cosa comunicare ma COME comunicare.

Salto di paradigma radicale.

1

Necessità assoluta di ascolto, learning (ma non survey in logica push, e non solo per segmentare, ma per cogliere interessi e preferenze) basato su informazioni qualitative, e qui dal punto di vista tecnologico si aprono scenari importanti.

2

Media planning.

Dal platform advertising al media planning.

Il prof. Bertelé non c’è in sala quindi io continuo…

Oltre l’A.I.D.A. (Awarerness, Interest, Desire, Action). Non più, perché…

(Arriva Bertelé e tutti ridono. Applauso).

(Rivolgendosi a Bertelé) …Non sai quando ho iniziato, quindi continuo… (poi alla sala) il prof. Bertelè ha appena rilasciato un’intervista al Tg1.

Tornando a noi, cambiano le mappe mentali e percettive degli individui. Non ci sono piu modelli sequenziali… Awareness > Interesse > Desire ecc ecc

Gli individui usano le euristiche, quelle dei peers, dei pari.

Quindi si verifica l’AIDA stesso, ma con l’asse in un unico momento.

Meglio ragionare così:

Devo generare attenzione, devo instaurare un loop virtuoso del coinvolgimento, della condivisione e dell’azione.

Un circolo che si autoalimenta.

La catena del valore dei contenuti cambia. Il consumatore svolge il ruolo di distributore di contenuti.

Fondamentale.

Come catturare l’attenzione. Tutto ciò cha abbiamo fatto finora non sparisce.

Non conta solo il CTR.

Non dobbiamo piu cercare di raggiungere le persone interrompendo i contenuti (interstizio) ma.. “vivistitial” (momenti in cui l’individuo è libero) per fare brand awareness non creando interruzioni.

Ci sono indagini impressionanti che evidenziano come i display pubblicitari degli ascensori abbiamo impatti devastanti!

Poi, tutto il mobile.

Un mix tra broadcasting tradizionale e multicanalità.

Altre tre modelli:

– Advertising on demand (il search display, il fenomeno google, 24/7).

– Engagement (basato sull’impatto dello spirito dell’individuo, perché il brand ha rilevanza, anche in recessione).

– Advertising come servizio (servizi personali in grado di far sentire l’individuo unico rispetto agli altri).

Tre modelli fortemente interrelati.

Conclusioni.

Perché sia una nuova primavera…

… non esiste un modello di advertising dominante, ce ne sono almeno 4 e ne nasceranno di nuovi

…non spariranno i canali tradizionali

…non possiamo non creare trust con il mercato (è importante perché quei modelli di cui dicevamo si basano sul trust)

Poi, teniamo conto di alcuni requisiti:

1

Credibilità = social network

2

Contestualizzazione = non più interruzioni

3

Conversazione = people are the message, presupposti per far parlare

4

Chiarezza = recuperare attenzione sulle innovazioni di prodotto, cioè differenziali chiari

Su cosa agire:

1

Processo

= cambia il ruolo dell’advertising da un punto di vista strategico, il nuovo advertising non è sperimentale, ma una necessità strategica fondamentale

= cambia l’impostazione dei messaggi di advertising, la figura centrale dell’adv diventa il planner, piu del creativo (che rimane importante)

= cambia il set di leve a disposizione (la distinzione tra Above The Line e Below The Line si riduce molto)

= cambia l’organizzazione della catena del valore, non è piu lineare impresa>agenzia>centro media, è tutto molto piu complesso, servono logiche di campagna media-neutral

2

Prestazioni

=  sempre più su misure di impatto

Chiudo: l’advertising non è morto, è vivo..

L’AD-vertising è morto, lunga vita all’X-vertising!

E’ la me-conomy, bellezza…

Bertelé

Se posso fare un’osservazione, sia Kotler che Noci reclamizzano i loro libri.

(Risate).

Passiamo alla tavola rotonda.

Rispetto ai cambiamenti che abbiamo detto, come cambia il profilo del consumatore?

Abis

C’è un flusso di domande implicite… non ho certezze. Lo stesso Kotler, che ha fatto un grande sforzo di linearità sullo sviluppo della crisi, quando parla di turbolenza come condizione normale non dice qual è la natura euristica del cambiamento.

Da una parte abbiamo avuto la società liquida, dell’incertezza, e dall’altra l’approccio strutturalistico, prendere categorie solide ecc.

L’approccio attuale è una natura doppia: una società che ci sfugge… e la necesità di schematizzare.

Kotler diceva che è bene spendere soldi per segmentare meglio, il tema è interessante ma ha a che fare con questa contraddizione, le aziende fanno investimenti basati sulle strutture psicografiche degli anni 70… che senso ha usare oggi questi strumenti?

Siamo sicuri che le variabili che consideriamo sono in grado di leggere queste trasformazioni?

Forse Magrini ha già scavalcato la cosa nella pratica del suo business.

Se è vero tutto quello che raccontava Noci, dobbiamo capire come funzionano i parametri fondamentali: la fruizione di media + rapporto col tempo.

A noi questo tema affascina e ci stiamo lavorando.

Per esempio, come si lega un media a un altro? Qual è il legame tra tutto quello che è stato detto? Qaul è la struttura narrativa che metto in gioco?

Quindi il tema è apertissimo.

Bertelé

Questo riferimento alla turbolenza mi fa ricordare che questa parola è stata di grande moda, negli anni 90 i gestionali hanno costruito le loro fortune, poi si era arrivò in uno stato di pseudoordine…

Detto questo, sono le 12.40, vi chiederei di chiudere all’una e un quarto. passo la parola a Magrini e Spina.

Magrini

Grazie per l’invito al convegno. Cercherò di essere veloce.

Cio che nessuno cita è che questo cambiamento origina dall’evoluzione tecnologica che mette gli individui in grado di sostituirsi agli editori professionali.

Oggi, in logica digitale, di dialogo, si presuppone che chi comunica sia in grado anche di parlare.

Questo cambia il concettodi gerarchia/simmetria informativa tradizionale, qualcuno che sa e qualcuno che non sa.

Cambiamento fondamentale, dato dalla tecnologia.

Il passaggio successivo è che questa conoscenza lo attivo sui peers, quindi la forza del social network ha dato ai singoli la possibilità di interagire con i propri pari.

Come fare marketing?

Cambia tutto radicalmente.

Credo nella multicanalità, il collante sta un approccio di tipo tecnologico, in cui il cliente mi dà chiavi interpretative molto forti, sulla qualità della comunicazione, sui miei prodotti.

Si dice spesso che la tecnologia è disruptive, chi la utilizza ha la possibilità di incamerare elementi di vantaggio competitivo incredibili, chi non la usa la subisce.

L’unico vero elemento di non comprensione di questa realtà è la nostra incapacità di cambiare le categorie. Ossia, applicare lo sforzo di adattare, come il monaco che tagliava i libri per adattarli alla libreria, e non viceversa.

Tutta la value proposition del motore di ricerca è che “il media reagisce”.

Se sono in grado di misurare questo, posso dare una valutazione precisa del costo dell’investimento.

Oggi siamo in grado di stabilire se un film avrà o meno successo, prima che esca nele sale, basandoci sulla quantità di ricerche che vengono fatte.

Bertelé

Apprezzo la fiducia, ma da ingegnere rimango un po’ dubbioso.

Un po’ come nelle business school, nelle schede di valutazione la maggior parte dei pareri non vengono espressi, ma se poi guardi al totale dei commenti sono totalmente non rappresentativi…

Magrini

Ma i dati che utilizzo io non sono dei commenti… esempio banale: il motivo di successo del motore è proprio nel fatto che riesce a interpretare su larga scala i comportamenti degli utenti, su base numerica.

E Tendenzialmente sono calcolati da ingegneri. (Applauso)

Noci

Due domande al prof. Spina, su:

– Come noi, la Business School che tu dirigi, stiamo cambiando la nostra offerta.

– La relazione tra imprese e advertising, e mi rifaccio al nostro sondaggio: pare esserci una certa frizione, le imprese dicono che la filiera non è media-neutral, le agenzie lamentano che i clienti resistono al cambiamento.

Spina

Grazie. Credo che parlare di noi sia interessante perché ciò che noi facciamo condensa a un livello molto spinto ciò che è stato detto.

Innanzitutto noi proponiamo servizi puri.

Poi, è un servizio che comporta un coinvolgimento da parte di chi lo fruisce molto intenso e lungo, uno fa un MBA una volta sola, è una life experience, poi è un mercato in cui le persone si muovono sempre di più, quindi quando decidono di fare il master da noi questo impatta sulla loro vita fortemente.

Noi ci siamo accorti, in ritardo sui competitor internazionali (e non rispetto alle altre università italiane che non se ne sono accorte ancora adesso) che viviamo all’interno dei social network.

C’è il mercato “consumer” (rapporto scuola-singolo individuo) e il mercato della formazione per le aziende, ma anche lì l’aspetto rilevante è quello di intercettare le community, magari delle HR e di chi decide gli investimenti.

Vorrei dire che: se una community non ce l’hai devi crearla. Processo delicato, che devi stimolare ma non puoi governare.

Secondo step è che devi consolidarla, usarla bene. Quando le hai, devi avere una capacità forte di conversare, più che di fare pushing.

Questo non è più un problema di marketing, ma essenzialmente organizzativo. Avere un sistema in grado di stare all’ascolto, e che deve trasmettersi a tutta l’organizzazione, un gruppo di 80-100 persone che continua il contatto, soprattutto dopo.

Chi è stato un alumno, domani può diventare un responsabile HR, che può poi arrivare a comprare servizi importanti.

Da evitare assolutamente è la sindrome del call center, modo povero di operare, e spesso anche un boomerang.

Per quanto riguarda la domanda su “come cambiamo i rapporti con i fornitori di servizi del mondo della comunicazione”, grande parte della supply chain soffre molto, noi compriamo soprattutto servizi, e il grosso rischio che corriamo è che la tentazione di fare compromessi sulla qualità dei servizi, è un rischio molto forte.

Quello che dobbiamo fare è tenere insieme la filiera per evitare il collasso o il crollo qualitativo, rischio attualissimo.

Bertelé

Come deve ristrutturarsi completamente una filiera per rispondere a queste nuove esigenze?

Spina

Vedo forti analogie e conferme con quello che ha fatto vedere Giuliano, in realtà questa crisi sta mettendo aziende che comprano beni e servizi in outsourcing di fronte al dilemma di ripensare alle scelte di make or bay. E vedo molti segni di reinsourcing.

Per i motivi piu vari, alcune volte per mantenere capacità produttiva, persone ecc.

Altre volte vedo strategie di reinsourcing per questa sensazione di fragilità della supply chain, per il rischio di non avere la continuità operativa.

In realtà si può cercare una sintesi, fare operazioni selettive su alcune partnership, concentrarsi su alcuni fornitori dando loro anche il senso di un maggior impegno reciproco, alcune aziende fanno addirittura da financial aid verso i loro fornitori.

Noci

Ringrazio tutti e credo che oggi abbiamo dato dei primi spunti, su questa importantissima filiera che ha sempre generato un altissimo valore e deve continuare a generarlo.

Credo che il prossimo passaggio, che mi sento in quanche modo di promettere, per ciò di cui posso rispondere, sarà capire come noi possiamo definire un advertising sostenibile.

Ore 13.10, chiusura dei lavori.

Sarà che gli inviti di Facebook e le fan page aziendali sono sempre di più, sarà che le aziende nella conversazione crescono ogni giorno, ho a volte la sensazione che quel senso di qualità un po’ speciale che mi pareva di sentire nelle iniziative di ascolto/conversazione si stia perdendo.

Io al marketing sono affezionato, il mio lavoro ne fa parte, e quando sento un gruppo di studenti scoppiare in un applauso spontaneo alle parole “Il marketing è la fogna della società” (successo l’altra sera all’ottima conferenza di Massimo Vignelli) penso che nonostante tutto non abbia molte speranze.

Magari deve evolversi, come dice Fabris. Motivo in più per stare attento alla qualità della conversazione.

(Cercando di spiegare a me stesso perché andrò a un evento dove sviluppatori di software parleranno di sviluppo software con altri sviluppatori di software, mi sono dato questa risposta).

(Beh c’è anche un po’ di comunicazione/marketing, in realtà, ma arriva al terzo minuto del video).